sabato 9 gennaio 2016

DAR DA MANGIARE AGLI AFFAMATI
AL centro della preghiera del Padre nostro c’è l’invocazione a Dio perché ci doni sempre il pane quotidiano e questo significa quanto stia a cuore al Signore che ogni uomo abbia il necessario sostentamento per una vita dignitosa e serena. Tuttavia, come per ogni aspetto della fede, se all’inizio ci deve essere la richiesta perché si manifesti la Provvidenza di Dio, l’uomo non ne deve però essere solo recettore, ma si deve rendere collaboratore del disegno divino e mettere a disposizione le proprie risorse perché ogni uomo abbia il “pane quotidiano”. L’esempio della prima comunità cristiana è illuminante: «…Vendevano le loro proprietà e sostanze e le dividevano con tutti, secondo il bisogno di ciascuno» (At 2,43). Ciò non significa annullare la proprietà privata, ma sapere che, laddove c’è un bisogno, ognuno, secondo le proprie possibilità, ha il compito, come discepolo del Signore, di farsi prossimo a chi è nell’indigenza. Benché vi siano molte forme concrete per soccorrere chi vive nella fame, oggi è importante recuperare il significato profondo e spirituale dell’agire istituzionale e di volontariato: sapere cioè che per poco o tanto che si faccia concretamente, si agisce perché riconosciamo nell’altra persona una dignità uguale a quella che esigiamo per noi stessi. Migliorando la qualità spirituale, migliorerà anche la quantità di quanto sapremo mettere a disposizione dell’altro.
Domenico Brandolino, ss

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