Messaggio dei vescovi per la giornata del 1° maggio 2017
Il Lavoro al centro verso la 48ª Settimana sociale dei cattolici in Italia
“Lavorando notte e giorno per non
essere di peso ad alcuno abbiamo annunziato il Vangelo di Dio” (I Ts 2,9)
Il lavoro costituisce una delle
frontiere dell’evangelizzazione sin dagli inizi del cristianesimo. In questa
direzione si muove la preparazione della prossima Settimana Sociale dei
cattolici italiani che si svolgerà a Cagliari dal 26 al 29 ottobre col tema: Il lavoro che
vogliamo: “libero, creativo, partecipativo e solidale” (EG n. 192). Il testo paolino
ci richiama a due aspetti che valgono anche nelle attuali circostanze: il tema
della giustizia e del senso del lavoro.
Tra le sfide che caratterizzano la
nostra situazione constatiamo un tasso di disoccupazione ancora troppo alto
(attorno al 12%, con punte vicine al 40% tra i giovani e vicino al 20% al Sud);
8 milioni di persone a rischio di povertà, spesso a causa di un lavoro precario
o mal pagato, più di 4 milioni di italiani in condizione di povertà assoluta.
Nonostante la lieve inversione di tendenza registrata negli ultimi anni, il
lavoro rimane un’emergenza nazionale. Per tornare a guardare con ottimismo al
proprio futuro, l’Italia deve mettere il lavoro al primo posto.
Al di là dei numeri, sono le vite
concrete delle persone ciò che ci sta a cuore: ci interpellano le storie dei
giovani che non trovano la possibilità di mettere a frutto le proprie qualità,
di donne discriminate e trattate senza rispetto, di adulti disoccupati che
vedono allontanarsi la possibilità di una nuova occupazione, di immigrati
sfruttati e sottopagati.
La soluzione dei problemi
economici e occupazionali – così urgente nell'Italia di oggi – non può
essere raggiunta senza una conversione spirituale che permetta di tornare
ad apprezzare l’integralità dell’esperienza
lavorativa.
C’è prima di tutto una questione di
giustizia. Se il lavoro oggi manca è perché veniamo da un’epoca in cui questa fondamentale attività umana
ha subito una grave svalorizzazione. La “finanziarizzazione”
dell’economia con lo spostamento dell’asse degli interessi dal profitto
derivante da una produzione in cui il rispetto del lavoratore era
imprescindibile alla crescita dei vantaggi economici provenienti dalle rendite
e dalle speculazioni, ha reso il lavoro quasi un inutile corollario. Inoltre,
lì dove il lavoro ha continuato ad essere centrale nella produzione della
ricchezza, non è stato difeso dallo sfruttamento e da tutta l’opacità cercata
da chi ha voluto fare profitto senza rispettare chi gli ha consentito di
produrre.
Questo paradigma con le sue storture
si rivela sempre meno sostenibile.
Non
sarà possibile nessuna reale ripresa economica senza che sia riconosciuto a
tutti il diritto al lavoro e promosse le condizioni che lo rendano effettivo
(Costituzione Italiana, art.4). Combattere tutte le forme di sfruttamento e
sperequazione retributiva, rimane obiettivo prioritario di ogni progresso
sociale.
C’è poi una seconda questione legata
al senso del lavoro. Il lavoro, infatti, ha una tale profondità antropologica
da non poter venire
ridotto alla sola, pur importante,
dimensione economica. Il lavoro è, infatti,
espressione della creatività che rende l’essere umano simile al suo Creatore.
Secondo la tradizione cristiana, il lavoro è sempre associato al senso della
vita; come tale esso non può mai essere ridotto a “occupazione”. È questo
un tema quanto mai centrale oggi di fronte alla sfida della digitalizzazione
che minaccia di marginalizzare l’esperienza lavorativa, oltre che causare la
perdita di molti posti di lavoro. Solo un’esperienza lavorativa libera,
creativa, partecipativa e solidale potrà permettere ad ognuno di accedere ad
una vera «prosperità nei suoi molteplici aspetti» (EG, n. 192).
La questione della giustizia e quella
del senso sono strettamente intrecciate tra loro. Infatti, è solo laddove si
riconosce la centralità del lavoro che si può generare un valore economico
realmente propulsivo per l’intera comunità. E oggi più che mai questa
affermazione trova riscontro nella realtà economica. Al di là dei tanti elementi
problematici, occorre dunque saper cogliere gli aspetti promettenti che aiutano
a pensare alla possibilità di affrontare la sfida e costruire un’economia capace di uno sviluppo sostenibile;
sfide che è possibile vincere rimettendo il lavoro al primo posto. È questa
anche la chiave per ordinare i diversi ambiti della vita personale e sociale.
A cominciare dalla scuola, che è il
primo investimento di una società che pensa al proprio futuro. Una scuola
chiamata a formare persone all’altezza delle sfide del tempo e capace di
instaurare un interscambio fecondo con il mondo del lavoro.
Ugualmente importante è il ruolo
delle imprese che hanno una particolarissima responsabilità nel trovare forme
organizzative e contrattuali capaci di valorizzare davvero il lavoro.
Ancora, è importante richiamare qui
la questione dell’orario di lavoro e della armonizzazione dei tempi lavoravi e
famigliari, tema non più rinviabile, visto l’elevato numero di donne che
lavorano.
Infine, preme ricordare la promozione
della nuova imprenditorialità, espressione della capacità di iniziativa
dell’essere umano, via che può vedere protagonisti soprattutto i giovani.
Occorre annunciare alla società
italiana che è proprio tale conversione che può davvero fare ripartire l’intero
Paese, nella consapevolezza della grande tradizione imprenditoriale,
professionale, artigiana e operaia che abbiamo alle nostre spalle,
profondamente intrisa della concezione cristiana.
Per dare impulso a questo impegno, le
prossime Settimane Sociali dei cattolici in Italia avranno per tema: “Il lavoro
che vogliamo: libero, creativo partecipativo solidale”. Un incontro nel quale
la Chiesa italiana intende dare un contributo effettivo alla società italiana,
affinché sia finalmente
riconquistata la centralità del
valore del lavoro. Questo diventa possibile a partire dalla convinzione che sia
proprio il lavoro umano a generare quel “valore”, capace di integrare la
dimensione economica, anche di fronte ai cambiamenti epocali causati
dall’incalzante innovazione tecnologica, con quella sociale e antropologica, di
cui tutti oggi sentono il bisogno.
Fin da ora, secondo la metodologia
proposta dalla lettera di invito, le Chiese in Italia sono invitate a
impegnarsi per elaborare proposte
concrete, frutto di esperienze già esistenti nei loro territori,
per dare risposta alle sfide che oggi interessano il lavoro nel nostro Paese.
La testimonianza di San Paolo e la
gravità del momento invitano ciascuno di noi e le nostre comunità ad implicarci
in prima persona per il bene di tutti.
Roma, 25 aprile 2017
La
Commissione Episcopale
per i problemi sociali e il lavoro,
la giustizia e la pace
Nessun commento:
Posta un commento