VENERDÌ SANTO
PASSIONE DEL SIGNORE
PASSIONE DEL SIGNORE
VIA CRUCIS
PRESIEDUTA DA PAPA
FRANCESCO
PRESIEDUTA DA PAPA
FRANCESCO
COLOSSEO
ROMA, 14 APRILE 2017
ROMA, 14 APRILE 2017
Meditazioni
di
Anne-Marie Pelletier
di
Anne-Marie Pelletier
INTRODUZIONE
L’Ora è
dunque giunta. Il cammino di Gesù sulle strade polverose della Galilea e della
Giudea, incontro ai corpi e ai cuori sofferenti, spinto dall’urgenza di
annunciare il Regno, questo cammino si ferma qui, oggi. Sulla collina del
Golgota. Oggi la croce sbarra la strada. Gesù non andrà più lontano.
Impossibile
andare più lontano!
L’amore di
Dio riceve qui la sua piena misura, senza misura.
Oggi l’amore
del Padre, che vuole che, attraverso il Figlio, tutti gli uomini siano salvati,
va fino alla fine, là dove noi non abbiamo più parole, dove siamo disorientati,
dove la nostra religiosità è oltrepassata dall’eccesso dei pensieri di Dio.
Sul Golgota,
infatti, contro tutte le apparenze, è questione di vita. E di grazia. E di
pace. Si tratta non del regno del male che noi conosciamo fin troppo, ma della
vittoria dell’amore.
E, proprio
sotto la stessa croce, si tratta del nostro mondo, con tutte le sue cadute e i
suoi dolori, i suoi appelli e le sue rivolte, tutto ciò che grida verso Dio,
oggi, dalle terre di miseria o di guerra, nelle famiglie lacerate, nelle
prigioni, sulle imbarcazioni sovraccariche di migranti…
Tante
lacrime, tanta miseria nel calice che il Figlio beve per noi.
Tante
lacrime, tanta miseria che non vanno perdute nell’oceano del tempo, ma sono
raccolte da lui, per essere trasfigurate nel mistero di un amore in cui il male
è inghiottito.
È della
fedeltà invincibile di Dio alla nostra umanità che si tratta sul Golgota.
È una
nascita che là si compie!
Dobbiamo
avere il coraggio di dire che la gioia del Vangelo è la verità di questo
momento!
Se il nostro
sguardo non raggiunge questa verità, allora restiamo prigionieri delle reti
della sofferenza e della morte. E rendiamo vana per noi la Passione di Cristo.
Preghiamo.
Signore, i
nostri occhi sono oscuri. E come accompagnarti così lontano?
«Misericordia»
è il tuo nome. Ma questo nome è una follia.
Scoppino i
vecchi otri dei nostri cuori!
Guarisci il
nostro sguardo perché s’illumini della buona notizia del Vangelo, nell’ora in
cui restiamo ai piedi della Croce del tuo Figlio.
E noi
potremo celebrare «l’ampiezza, la lunghezza, l’altezza e la profondità» (Ef 3,
18) dell’amore di Cristo, col cuore consolato e abbagliato.
VIA CRUCIS
Prima stazione: Gesù è condannato a morte
Dal Vangelo
secondo Luca
Appena fu
giorno, si riunì il consiglio degli anziani del popolo, con i capi dei
sacerdoti e gli scribi; lo condussero davanti al sinedrio (22, 66).
Dal Vangelo
secondo Marco
Tutti
sentenziarono che era reo di morte. Alcuni si misero a sputargli addosso, a
bendargli il volto, a percuoterlo e a dirgli: “Fa’ il profeta!”. E i servi lo
schiaffeggiavano (14, 64-65).
Meditazione
Non
servirono molte discussioni agli uomini del Sinedrio per pronunciarsi. Già da
molto tempo la causa era decisa. Gesù deve morire!
Così
pensavano già quelli che volevano buttarlo giù dalla scarpata del colle, il
giorno in cui, nella sinagoga di Nazaret, Gesù aveva aperto il rotolo
proclamando in prima persona le parole del libro di Isaia: «Lo Spirito del
Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione […] a
proclamare l’anno di grazia del Signore» (Lc 4, 18. 19).
Già quando
aveva guarito il paralitico alla piscina di Betzatà, inaugurando il sabato di
Dio che libera da tutte le schiavitù, le mormorazioni omicide si erano gonfiate
contro di lui (cfr Gv 5, 1-18).
E,
nell’ultimo tratto di strada, mentre saliva a Gerusalemme per la Pasqua, il
cappio si era stretto, inesorabilmente: egli non sarebbe più sfuggito ai suoi
nemici (cfr Gv 11, 45-57).
Ma dobbiamo
avere una memoria ancora più lunga. A partire da Betlemme, dai giorni della sua
nascita, Erode aveva decretato che egli doveva morire. La spada degli sbirri
del re usurpatore massacrò i bambini di Betlemme. Quella volta Gesù sfuggì alla
loro furia. Ma solo per un certo tempo. Già egli non era più che una vita in
sospeso. Nel pianto di Rachele sui suoi figli che non sono più, risuona, a
singhiozzi, la profezia del dolore che Simeone annuncerà a Maria (cfr Mt 2,
16-18; Lc 2, 34-35).
Preghiera
Signore
Gesù, Figlio prediletto, che sei venuto a visitarci, passando in mezzo a noi e
facendo il bene, riportando alla vita quanti abitano l’ombra della morte, tu
conosci i nostri cuori tortuosi.
Noi
affermiamo di essere amici del bene e di volere la vita. Ma siamo peccatori e
complici della morte.
Noi ci
proclamiamo tuoi discepoli, ma prendiamo strade che si perdono lontano dai tuoi
pensieri, lontano dalla tua giustizia e dalla tua misericordia.
Non
abbandonarci alle nostre violenze.
La tua
pazienza per noi non si esaurisca.
Liberaci dal
male!
Pater noster
«Popolo mio, che male ti ho fatto? In che ti ho
provocato? Dammi risposta.»
Seconda stazione: Gesù è rinnegato da Pietro
Dal Vangelo
secondo Luca
Passata
circa un’ora, un altro insisteva: «In verità, anche questi era con lui; infatti
è galileo». Ma Pietro rispose: «O uomo, non so quello che dici». E in
quell’istante, mentre ancora parlava, un gallo cantò. Allora il Signore si
voltò e fissò lo sguardo su Pietro, e Pietro si ricordò della parola che il
Signore gli aveva detto: «Prima che il gallo canti, oggi mi rinnegherai tre
volte». E, uscito fuori, pianse amaramente (22, 59-62).
Meditazione
Intorno ad
un braciere, nel cortile del Sinedrio, Pietro e qualcun altro si riscaldano in
quelle ore fredde della notte, attraversate da febbrili andirivieni.
All’interno, la sorte di Gesù sta per decidersi, nel faccia a faccia con i suoi
accusatori. Chiederanno la sua morte.
Come una
marea che sale, intorno cresce l’ostilità. Come si infiamma la stoppia, l’odio
attecchisce e si moltiplica. Ben presto una folla urlante esigerà da Pilato la
grazia per Barabba e la condanna di Gesù.
Difficile
dichiararsi amico di un condannato a morte senza essere attraversato da un
brivido di terrore. La fedeltà intrepida di Pietro non riesce a resistere alle
parole sospettose della serva, la portinaia del luogo.
Riconoscere
che è discepolo del rabbi galileo, sarebbe dare più peso alla fedeltà a Gesù
che alla propria vita! Quando implica tale coraggio, la verità fa fatica a
trovare dei testimoni... Gli uomini sono fatti in modo che allora molti le
preferiscono la menzogna; e Pietro appartiene alla nostra umanità. Tradisce, a tre
riprese. Poi incrocia lo sguardo di Gesù. E le sue lacrime scendono, amare
eppure dolci, come acqua che lava una sporcizia.
Presto,
passato qualche giorno, vicino a un altro fuoco di brace, sulla riva del lago,
Pietro riconoscerà il suo Signore risorto, che gli affiderà la cura delle sue
pecore. Pietro imparerà senza misura il perdono che il Risorto pronuncia su
tutti i nostri tradimenti. E prenderà parte ad una fedeltà che, da allora in
poi, gli farà accettare la propria morte come un’offerta unita a quella di
Cristo.
Preghiera
Signore,
nostro Dio, tu hai voluto che sia Pietro, il discepolo rinnegato e perdonato, a
ricevere l’incarico di guidare il tuo gregge.
Imprimi nei
nostri cuori la fiducia e la gioia di sapere che, in te, possiamo attraversare
i burroni della paura e dell’infedeltà.
Fa’ che,
istruiti da Pietro, tutti i tuoi discepoli siano i testimoni dello sguardo che
tu posi sulle nostre cadute. Che mai le nostre durezze o le nostre disperazioni
rendano vana la Risurrezione del tuo Figlio!
Pater noster
Cristo morto per i nostri peccati,
Cristo risorto per la nostra vita,
ti preghiamo, abbi pietà di noi.
Cristo risorto per la nostra vita,
ti preghiamo, abbi pietà di noi.
Terza stazione: Gesù e Pilato
Dal Vangelo
secondo Marco
Al mattino,
i capi dei sacerdoti, con gli anziani, gli scribi e tutto il sinedrio, dopo aver
tenuto consiglio, misero in catene Gesù, lo portarono via e lo consegnarono a
Pilato. I capi dei sacerdoti lo accusavano di molte cose. Pilato, volendo dare
soddisfazione alla folla, rimise in libertà per loro Barabba e, dopo aver fatto
flagellare Gesù, lo consegnò perché fosse crocifisso (15, 1. 3. 15).
Dal Vangelo
secondo Matteo
Pilato,
visto che non otteneva nulla, anzi che il tumulto aumentava, prese dell’acqua e
si lavò le mani davanti alla folla, dicendo: «Non sono responsabile di questo
sangue. Pensateci voi!» (27, 24).
Dal libro
del profeta Isaia
Noi tutti
eravamo sperduti come un gregge, ognuno di noi seguiva la sua strada; il
Signore fece ricadere su di lui l’iniquità di noi tutti (53, 6).
Meditazione
Roma di
Cesare Augusto, la nazione civilizzatrice, le cui legioni si propongono la
missione di conquistare i popoli per portare loro i benefici del suo giusto
ordine.
Roma,
presente anche alla Passione di Gesù nella persona di Pilato, il rappresentante
dell’Imperatore, il garante del diritto e della giustizia in terra straniera.
Eppure, lo
stesso Pilato che dichiara di non trovare alcuna colpa in Gesù, è colui che
ratifica la sua condanna a morte. Nel pretorio dove Gesù viene processato, la
verità risplende: la giustizia dei pagani non è superiore a quella del Sinedrio
dei Giudei!
Decisamente
questo Giusto, che attira stranamente su di sé i pensieri omicidi del cuore
umano, riconcilia ebrei e pagani. Ma lo fa, per ora, rendendoli ugualmente
complici dell’uccisione di lui stesso. Tuttavia, viene il momento, anzi è
vicino, in cui questo Giusto li riconcilierà in altro modo, per mezzo della
Croce e di un perdono che li raggiungerà tutti, ebrei e pagani, li guarirà
insieme dalle loro vigliaccherie e li libererà dalla loro comune violenza.
Una sola
condizione per aver parte a questo dono: sarà confessare l’innocenza dell’unico
Innocente, l’Agnello di Dio immolato per il peccato del mondo; sarà rinunciare
alla presunzione che mormora dentro di noi: «Io sono innocente del sangue di
quell’uomo»; sarà dichiararsi colpevoli, nella fiducia che un amore infinito
avvolge tutti, ebrei e pagani, e che tutti Dio chiama a diventare suoi figli.
Preghiera
Signore,
nostro Dio, davanti a Gesù consegnato e condannato, noi non sappiamo fare altro
che discolparci e accusare gli altri. Per tanto tempo noi cristiani abbiamo
addossato al tuo popolo Israele il peso della tua condanna a morte. Per tanto
tempo abbiamo ignorato che dovevamo riconoscerci tutti complici nel peccato,
per essere tutti salvati dal sangue di Gesù crocifisso.
Donaci di
riconoscere nel tuo Figlio l’Innocente, l’unico di tutta la storia. Lui che ha
accettato di essere “fatto peccato per noi” (cfr 2 Cor 5, 21),
affinché per mezzo di lui tu potessi ritrovarci, umanità ricreata
nell’innocenza nella quale ci hai creato, e nella quale ci rendi tuoi figli.
Pater noster
Mio Dio, mio Dio, perché mi hai abbandonato?
Quarta stazione: Gesù re della gloria
Dal Vangelo
secondo Marco
I soldati lo
condussero dentro il cortile, cioè nel pretorio, e convocarono tutta la truppa.
Lo vestirono di porpora, intrecciarono una corona di spine e gliela misero
attorno al capo. Poi presero a salutarlo: «Salve, re dei Giudei!» (15, 16-18).
Dal libro
del profeta Isaia
Non ha
apparenza né bellezza per attirare i nostri sguardi, non splendore per poterci
piacere. Disprezzato e reietto dagli uomini, uomo dei dolori che ben conosce il
patire, come uno davanti al quale ci si copre la faccia; era disprezzato e non
ne avevamo alcuna stima. Eppure egli si è caricato delle nostre sofferenze, si
è addossato i nostri dolori; e noi lo giudicavamo castigato, percosso da Dio e
umiliato (53, 2-4).
Meditazione
Banalità del
male. Sono innumerevoli gli uomini, le donne, persino i bambini violentati,
umiliati, torturati, assassinati, sotto tutti i cieli e in ogni tempo della
storia.
Senza
cercare protezione nella condizione divina che gli è propria, Gesù si inserisce
nel terribile corteo delle sofferenze che l’uomo infligge all’uomo. Conosce
l’abbandono degli umiliati e dei più derelitti.
Ma quale
aiuto ci può dare la sofferenza di un innocente in più?
Colui che è
uno di noi è prima di tutto il Figlio prediletto del Padre, che viene a
compiere ogni giustizia con la sua obbedienza.
E
all’improvviso tutti i segni si capovolgono. Ecco che le parole e i gesti di
scherno dei suoi torturatori ci svelano – oh paradosso assoluto – l’insondabile
verità: quella della vera, dell’unica regalità, manifestata come un amore che
non ha voluto sapere altro che la volontà del Padre e il suo desiderio che
tutti gli uomini siano salvati. «Sacrificio e offerta non gradisci […]. Allora
ho detto: “Ecco, io vengo. Nel rotolo del libro su di me è scritto di fare la
tua volontà”» (Sal 40, 7-9).
Questa ora
del Venerdì Santo lo proclama: c’è una sola gloria in questo mondo e
nell’altro, quella di conoscere e compiere la volontà del Padre. Nessuno di noi
può ambire a una dignità più alta di quella di essere figlio in Colui che si è
fatto obbediente per noi fino alla morte di croce.
Preghiera
Signore,
nostro Dio, ti preghiamo: in questo giorno santo che porta a compimento la
rivelazione, abbatti in noi e nel nostro mondo gli idoli. Tu conosci il loro
potere sulle nostre menti e sui nostri cuori.
Abbatti in
noi le figure menzognere del successo e della gloria.
Abbatti in
noi le immagini che sempre riemergono di un Dio secondo i nostri pensieri, un
Dio distante, così lontano dal volto rivelato nell’alleanza e che si manifesta
oggi in Gesù, al di là di ogni previsione, al di sopra di ogni speranza. Lui
che confessiamo come l’«irradiazione della [tua] gloria» (Eb 1, 3).
Fa’ che
entriamo nella gioia eterna, che ci fa acclamare in Gesù rivestito di porpora e
coronato di spine, il re della gloria che canta il salmo: «Alzate, o porte, la
vostra fronte, alzatevi, soglie antiche, ed entri il re della gloria» (24, 9).
Pater noster
Alzate, o porte, la vostra fronte,
alzatevi, soglie antiche,
ed entri il re della gloria.
alzatevi, soglie antiche,
ed entri il re della gloria.
Quinta stazione: Gesù porta la croce
Dal Libro
delle Lamentazioni
Voi tutti
che passate per la via, considerate e osservate se c’è un dolore simile al mio
dolore, al dolore che ora mi tormenta, e con cui il Signore mi ha afflitta nel
giorno della sua ira ardente (1, 12).
Dal Salmo
146
Beato chi ha
per aiuto il Dio di Giacobbe: la sua speranza è nel Signore suo Dio […]. Il
Signore libera i prigionieri, il Signore ridona la vista ai ciechi, il Signore
rialza chi è caduto, […] il Signore protegge i forestieri, egli sostiene
l’orfano e la vedova (146, 5. 7-8. 9).
Meditazione
Lungo
l’aspro cammino del Golgota, Gesù non ha portato la croce come un trofeo! Egli
non somiglia in nulla agli eroi della nostra fantasia che abbattono trionfanti
i loro malvagi nemici.
Passo dopo
passo ha camminato, il corpo sempre più pesante e più lento. Ha sentito la sua
carne intaccata dal legno del supplizio, le gambe fiaccate sotto il carico.
Di
generazione in generazione, la Chiesa ha meditato questa via segnata da
inciampi e cadute.
Gesù cade,
si rialza, poi ricade, riprende il cammino sfibrante, probabilmente sotto i
colpi delle guardie che lo scortano, perché è così che sono trattati,
maltrattati, i condannati in questo mondo.
Colui che ha
fatto alzare i corpi allettati, raddrizzato la donna curva, strappato dal letto
di morte la figlia di Giairo, rimesso in piedi tanti afflitti, eccolo oggi
affondato nella polvere.
L’Altissimo
è a terra.
Fissiamo lo
sguardo su Gesù. Attraverso di lui, l’Altissimo ci insegna che è al tempo
stesso – incredibile! – Il più Umile, pronto a scendere fino a noi, ancora più
giù se necessario, così che nessuno si perda nei bassifondi della propria
miseria.
Preghiera
Signore,
nostro Dio, tu scendi nel profondo della nostra notte, senza porre limiti alla
tua umiliazione, perché è in essa che raggiungi la terra spesso ingrata, a
volte devastata, delle nostre vite.
Noi ti
supplichiamo: fa’ che la tua Chiesa possa testimoniare che l’Altissimo e Il più
Umile sono in te un solo volto. Concedile di portare a tutti coloro che cadono
la buona novella del Vangelo: non c’è caduta che possa sottrarci alla tua
misericordia; non c’è perdita, non c’è abisso tanto profondo che tu non possa
ritrovare chi si è smarrito.
Pater noster
Ecco, io vengo, o Dio, a fare la tua volontà.
Sesta stazione: Gesù e Simone di Cirene
Dal Vangelo
secondo Luca
Mentre lo
conducevano via, fermarono un certo Simone di Cirene che tornava dai campi e
gli misero addosso la croce, da portare dietro a Gesù (23, 26).
Dal Vangelo
secondo Matteo
«Quando ti
abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare o assetato e ti abbiamo
dato da bere? Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto o nudo
e ti abbiamo vestito? Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo
venuti a visitarti?» (25, 37-39).
Meditazione
Gesù
inciampa lungo la via, la schiena schiacciata sotto il peso della croce. Ma
bisogna andare avanti, camminare, e ancora camminare, perché è il Golgota, il
sinistro “luogo del Cranio”, fuori dalle mura della città, la meta della
squadriglia che incalza Gesù.
Passa di lì
in quel momento un uomo, con le braccia robuste. Appare estraneo agli eventi
del giorno. Sta tornando a casa, ignaro di tutta la vicenda del rabbi Gesù,
quando viene precettato dalle guardie per portare la croce.
Che cosa
avrà saputo del condannato spinto dalle guardie al supplizio? Cosa poteva
conoscere di colui che «non aveva più aspetto d’uomo», come il servo sfigurato
di Isaia?
Della sua
sorpresa, forse di un suo iniziale rifiuto, della pietà che lo ha colto, nulla
ci è detto. Il Vangelo ha conservato soltanto la memoria del suo nome: Simone,
originario di Cirene. Ma il Vangelo ha voluto portare fino a noi il nome di
questo libico e il suo umile gesto d’aiuto anche per insegnarci che, alleviando
il dolore di un condannato a morte, Simone ha alleviato il dolore di Gesù, il
Figlio di Dio, che ha incrociato la sua strada nella condizione di schiavo,
assunta per noi, assunta per lui, per la salvezza del mondo. Senza che lui lo
sapesse.
Preghiera
Signore,
nostro Dio, tu ci hai rivelato che in ogni povero che è nudo, prigioniero,
assetato, sei tu che ti presenti a noi, e sei tu che noi accogliamo, visitiamo,
rivestiamo, dissetiamo: «Ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete
vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi» (Mt 25,
35-36). Mistero del tuo incontro con la nostra umanità! Così tu raggiungi ogni
uomo! Nessuno è escluso da questo incontro, se accetta di essere uomo di
compassione.
Noi ti
presentiamo, come un’offerta santa, tutti i gesti di bontà, di accoglienza, di
dedizione che vengono compiuti ogni giorno in questo mondo. Degnati di
riconoscerli come la verità della nostra umanità, che parla più forte di tutti
i gesti di rifiuto e di odio. Degnati di benedire gli uomini e le donne di
compassione che ti rendono gloria, anche se non sanno ancora pronunciare il tuo
nome.
Pater noster
Cristo morto per i nostri peccati,
Cristo risorto per la nostra vita,
ti preghiamo, abbi pietà di noi.
Cristo risorto per la nostra vita,
ti preghiamo, abbi pietà di noi.
Settima stazione: Gesù e le figlie di Gerusalemme
Dal Vangelo
secondo Luca
Lo seguiva
una grande moltitudine di popolo e di donne che si battevano il petto e
facevano lamenti su di lui. Ma Gesù, voltandosi verso di loro, disse: «Figlie
di Gerusalemme, non piangete su di me, ma piangete su voi stesse e sui vostri
figli. […] Perché, se si tratta così il legno verde, che avverrà del legno
secco?» (23, 27-28. 31).
Meditazione
Il pianto
che Gesù affida alle figlie di Gerusalemme come un’opera di compassione, questo
pianto delle donne non manca mai in questo mondo.
Esso scende
silenziosamente sulle guance delle donne. Più spesso ancora, probabilmente, in
modo invisibile, nel loro cuore, come le lacrime di sangue di cui parla
Caterina da Siena.
Non che le
lacrime spettino alle donne, come se la loro sorte fosse quella di piangere
passive e impotenti, dentro una storia che gli uomini, da soli, sarebbero
tenuti a scrivere.
Infatti i
loro pianti sono anche, e innanzitutto, tutti quelli che esse raccolgono,
lontano da ogni sguardo e da ogni celebrazione, in un mondo in cui c’è molto da
piangere. Pianto dei bambini terrorizzati, dei feriti nei campi di battaglia
che invocano una madre, pianto solitario dei malati e dei morenti sulla soglia
dell’ignoto. Pianto di smarrimento, che scorre sulla faccia di questo mondo che
è stato creato, nel primo giorno, per lacrime di gioia, nella comune esultanza
dell’uomo e della donna.
Ed anche
Etty Hillesum, donna forte d’Israele rimasta in piedi nella tempesta della
persecuzione nazista, che difese fino all’ultimo la bontà della vita, ci
suggerisce all’orecchio questo segreto che lei intuisce alla fine della sua
strada: ci sono lacrime da consolare sul volto di Dio, quando piange sulla
miseria dei suoi figli. Nell’inferno che sommerge il mondo, lei osa pregare
Dio: «Cercherò di aiutarti», gli dice. Audacia così femminile e così divina!
Preghiera
Signore,
nostro Dio, Dio di tenerezza e di pietà, Dio pieno d’amore e di fedeltà,
insegnaci, nei giorni felici, a non disprezzare le lacrime dei poveri che
gridano a te e che ci chiedono aiuto. Insegnaci a non passare indifferenti
accanto a loro. Insegnaci ad avere il coraggio di piangere con loro. Insegnaci
anche, nella notte delle nostre sofferenze, delle nostre solitudini e delle
nostre delusioni, ad ascoltare la parola di grazia che tu ci rivelasti sul
monte: «Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati» (Mt 5,
4).
Pater noster
Cristo morto per i nostri peccati,
Cristo risorto per la nostra vita,
ti preghiamo, abbi pietà di noi.
Cristo risorto per la nostra vita,
ti preghiamo, abbi pietà di noi.
Ottava stazione: Gesù è spogliato delle vesti
Dal Vangelo
secondo Giovanni
I soldati
presero le sue vesti e ne fecero quattro parti, una per ciascun soldato, e la
tunica (19, 23).
Dal libro di
Giobbe
«Nudo uscii
dal grembo di mia madre,
e nudo vi ritornerò» (1, 21).
e nudo vi ritornerò» (1, 21).
Meditazione
Il corpo
umiliato di Gesù viene spogliato. Esposto agli sguardi di derisione e di
disprezzo. Il corpo di Gesù solcato di piaghe e destinato all’estremo supplizio
della crocifissione. Umanamente, cos’altro ci sarebbe da fare che abbassare gli
occhi per non accrescere il suo disonore?
Ma lo
Spirito viene in aiuto al nostro smarrimento. Ci insegna a capire la lingua di
Dio, lingua della kenosi, questo abbassamento di Dio per
raggiungerci là dove siamo. È questa lingua di Dio che parla per noi il teologo
ortodosso Christos Yannaras: «Lingua della kenosi: Gesù bambino
nudo nella mangiatoia; spogliato nel fiume mentre riceve il battesimo come un
servo; sospeso all’albero della croce, nudo, come un malfattore. Attraverso
tutto questo egli ha manifestato il suo amore per noi».
Entrando in
questo mistero di grazia, possiamo riaprire gli occhi sul corpo martoriato di
Gesù. Allora incominciamo a scorgere ciò che il nostro occhio non può vedere:
la sua nudità risplende di quella stessa luce che irradiava la sua veste al
momento della Trasfigurazione.
Luce che
scaccia ogni tenebra.
Luce
irresistibile dell’amore fino alla fine.
Preghiera
Signore,
nostro Dio, poniamo davanti ai tuoi occhi la folla immensa degli uomini che
subiscono la tortura, la spaventosa schiera dei corpi maltrattati, tremanti
d’angoscia all’avvicinarsi dei colpi, agonizzanti in sordidi bassifondi.
Ti
supplichiamo, raccogli il loro gemito.
Il male ci
lascia senza voce e senza aiuto.
Ma tu sai
ciò che noi non sappiamo. Sai trovare un passaggio nel caos e nel buio del
male. Sai far brillare, già nella Passione del tuo Figlio prediletto, la vita
della risurrezione.
Aumenta in
noi la fede!
Ti
presentiamo anche la follia dei torturatori e di chi li comanda.
Essa pure ci
lascia senza parole… Se non per pregarti e implorarti tra le lacrime con le
parole della preghiera che tu ci hai insegnato: «Liberaci dal male»!
Pater noster
Cristo morto per i nostri peccati,
Cristo risorto per la nostra vita,
ti preghiamo, abbi pietà di noi.
Cristo risorto per la nostra vita,
ti preghiamo, abbi pietà di noi.
Nona stazione: Gesù è crocifisso
Dal Vangelo
secondo Luca
Quando
giunsero sul luogo chiamato Cranio, vi crocifissero lui e i malfattori, uno a
destra e l’altro a sinistra. Gesù diceva: «Padre, perdona loro, perché non
sanno quello che fanno» (23, 33-34).
Dal
libro del profeta Isaia
Il castigo
che ci dà salvezza si è abbattuto su di lui; per le sue piaghe noi siamo stati
guariti (53, 5).
Meditazione
Veramente
Dio è là dove non dovrebbe essere!
Il Figlio
prediletto, il Santo di Dio, è quel corpo esposto su una croce d’infamia,
abbandonato al disonore, in mezzo a due malfattori. Uomo dei dolori da cui ci
si discosta; a dire il vero, come ci si discosta da tanti esseri umani
sfigurati che incrociano le nostre strade.
Il Verbo di
Dio, nel quale tutto è stato creato, non è più che una carne muta e sofferente.
La crudeltà della nostra umanità si è accanita contro di lui, e ha vinto.
Sì, Dio è là
dove non dovrebbe essere e dove, tuttavia, noi abbiamo tanto bisogno che sia!
Era venuto
per condividere con noi la sua vita. «Prendete!», ha detto senza sosta mentre
offriva la sua guarigione ai malati, il suo perdono ai cuori traviati, il suo
corpo nella cena pasquale.
Ma si è
ritrovato in mano nostra, in territorio di morte e di violenza: quella che ci
lascia attoniti nell’attualità del mondo; e quella che serpeggia in ognuno. Lo
sapevano bene i monaci uccisi a Tibhirine, che alla preghiera «Disarmali!»
aggiungevano la supplica «Disarmaci!».
Era
necessario che la dolcezza di Dio visitasse il nostro inferno, era l’unico modo
per liberarci dal male.
Era
necessario che Gesù Cristo portasse l’infinita tenerezza di Dio nel cuore del
peccato del mondo.
Era
necessario questo, perché, posta dinanzi alla vita di Dio, la morte indietreggiasse
e cadesse, come un nemico che ha trovato uno più forte di lui e si dilegua nel
nulla.
Preghiera
Signore,
nostro Dio, accogli la nostra lode silenziosa.
Come i re
che restano senza parole davanti all’opera del Servo rivelata dalla profezia di
Isaia (cfr 52, 15), rimaniamo stupefatti dinanzi all’Agnello immolato per la
vita nostra e del mondo; e confessiamo che dalle tue piaghe siamo stati
guariti. «Che cosa renderò al Signore per tutti i benefici che mi ha fatto? […]
A te offrirò un sacrificio di ringraziamento e invocherò il nome del Signore» (Sal 116,
12. 17).
Pater noster
Cristo morto per i nostri peccati,
Cristo risorto per la nostra vita,
ti preghiamo, abbi pietà di noi.
Cristo risorto per la nostra vita,
ti preghiamo, abbi pietà di noi.
Decima stazione: Gesù sulla croce è deriso
Dal Vangelo
secondo Luca
I capi lo
deridevano dicendo: «Ha salvato altri! Salvi se stesso, se è lui il Cristo di
Dio, l’eletto». Anche i soldati lo deridevano, gli si accostavano per
porgergli dell’aceto e dicevano: «Se tu sei il re dei Giudei, salva te
stesso». Sopra di lui c’era anche una scritta: «Costui è il re dei
Giudei». Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il
Cristo? Salva te stesso e noi!» (23, 35-39).
«Se tu sei
Figlio di Dio, di’ a questa pietra che diventi pane. […] Se tu sei Figlio di
Dio, gettati giù di qui; sta scritto infatti: […] [gli angeli] ti
porteranno sulle loro mani» (4, 3. 9-11).
Meditazione
Gesù non
sarebbe potuto scendere dalla croce? A stento osiamo porci questa domanda: il
Vangelo non la mette forse sulla bocca degli empi?
Eppure, essa
ci perseguita, nella misura in cui facciamo ancora parte del mondo della
tentazione, che Gesù ha affrontato durante i quaranta giorni nel deserto,
preludio e inizio del suo ministero: “Se tu sei Figlio di Dio, di’ che queste
pietre diventino pane, gettati giù dall’alto del tempio, perché Dio veglia su
chi è suo amico”. Ma nella misura in cui, battezzati nella morte e nella
risurrezione di Gesù Cristo, lo seguiamo sulla sua via, le sfide del Maligno
non hanno più presa su di noi, sono ridotte a nulla, la loro menzogna è
svelata.
Allora si
scopre l’imperiosa necessità di quel «bisognava» (Lc 24, 26) che
Gesù insegna con pazienza e ardore a coloro che erano in cammino sulla via di
Emmaus.
«Bisognava»
che il Cristo entrasse in questa obbedienza e in questa impotenza, per
raggiungerci nell’impotenza in cui ci ha posti la nostra disobbedienza.
Cominciamo,
così, a comprendere che «soltanto il Dio sofferente può salvare», come scriveva
il pastore Dietrich Bonhoeffer pochi mesi prima di morire assassinato, quando,
sperimentando sino in fondo il potere del male, poteva riassumere, in questa
verità semplice e vertiginosa, la professione della fede cristiana.
Preghiera
Signore,
nostro Dio, chi ci libererà dalle insidie del potere secondo il mondo? Chi ci
libererà dalla tirannia delle menzogne, che ci fanno esaltare i potenti e
rincorrere a nostra volta le false glorie?
Tu solo puoi
convertire i nostri cuori.
Tu solo puoi
farci amare i sentieri dell’umiltà.
Tu solo…,
che ci riveli che non c’è vittoria se non nell’amore, e che tutto il resto non
è che paglia che il vento disperde, miraggio che svanisce davanti alla tua
verità.
Noi ti
preghiamo, Signore, dissipa le menzogne che ambiscono a regnare sui nostri
cuori e sul mondo.
Facci vivere
secondo le tue vie, perché il mondo riconosca la potenza della Croce.
Pater noster
Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?
Undicesima stazione: Gesù e sua madre
Dal Vangelo
secondo Giovanni
Stavano
presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria madre di
Cleopa e Maria di Magdala. Gesù allora, vedendo la madre e accanto a lei il
discepolo che egli amava, disse alla madre: «Donna, ecco il tuo figlio!», Poi
disse al discepolo: «Ecco tua madre!». E da quell’ora il discepolo l’accolse
con sé (19, 25-27).
Meditazione
Maria, anche
lei, è giunta al termine del cammino. Eccola arrivata a quel giorno di cui
parlava l’anziano Simeone. Quando aveva sollevato con le sue braccia tremanti
il bambino e il suo rendimento di grazie si era prolungato in parole
misteriose, che intrecciavano insieme dramma e speranza, dolore e salvezza.
«Ecco –
aveva proclamato – egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in
Israele e come segno di contraddizione – e anche a te una spada trafiggerà
l’anima –, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori» (Lc 2,
34-35).
Già la
visita dell’angelo aveva fatto risuonare nel suo cuore l’incredibile annuncio:
Dio aveva scelto la sua vita per far sbocciare la novità promessa a Israele,
«quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì» (1 Cor 2,
9; cfr Is 64, 3). E lei aveva acconsentito a quel progetto
divino, che avrebbe cominciato a sconvolgere la sua carne e che avrebbe poi
accompagnato su vie imprevedibili il figlio nato dal suo grembo.
Durante le
giornate così ordinarie di Nazaret, poi al tempo della vita pubblica, quando
c’era stato bisogno di fare spazio all’altra famiglia, quella dei discepoli,
quegli estranei dei quali Gesù si faceva dei fratelli, delle sorelle, delle
madri, lei aveva conservato queste cose nel suo cuore. Le aveva affidate alla
grande pazienza della sua fede.
Oggi è il
tempo del compimento. La lama che trafigge il fianco del Figlio trafigge anche
il cuore di lei. Anche Maria s’immerge nella fiducia senza appoggio, in cui
Gesù vive fino in fondo l’obbedienza al Padre.
In piedi,
lei non diserta. Stabat Mater. Nel buio, ma con certezza, sa che
Dio mantiene le promesse. Nel buio, ma con certezza, sa che Gesù è la promessa
e il suo compimento.
Preghiera
Maria, madre
di Dio e donna della nostra stirpe, tu che ci generi maternamente in colui che
hai generato, sostieni in noi la fede nelle ore di tenebra, insegnaci la
speranza contro ogni speranza.
Custodisci
tutta la Chiesa in una vigilanza fedele, come fu la tua fedeltà, umilmente
docile ai pensieri di Dio, che ci attirano là dove non penseremmo di andare;
che ci associano, al di là di ogni previsione, all’opera della salvezza.
Pater noster
Salve, Regina, mater misericordiae;
vita, dulcedo et spes nostra, salve.
vita, dulcedo et spes nostra, salve.
Dodicesima stazione: Gesù muore in croce
Dal Vangelo
secondo Giovanni
[Gesù]
disse: «Ho sete». Vi era là un vaso pieno di aceto; posero perciò una spugna,
imbevuta di aceto, in cima a una canna e gliela accostarono alla bocca. Dopo
aver preso l’aceto, Gesù disse: «È compiuto!». E, chinato il capo, consegnò lo
spirito. […] Venuti da Gesù, vedendo che era già morto, non gli spezzarono le
gambe, ma uno dei soldati con una lancia gli colpì il fianco, e subito ne uscì
sangue e acqua. Chi ha visto ne dà testimonianza e la sua testimonianza è vera;
egli sa che dice il vero, perché anche voi crediate (19, 28-30. 33-35).
Meditazione
Adesso,
tutto è compiuto. L’incarico di Gesù è portato a termine. Era uscito dal Padre
per la missione della misericordia. Questa è stata adempiuta con una fedeltà
che è andata fino all’estremo dell’amore. Tutto è compiuto. Gesù consegna il
suo spirito nelle mani del Padre.
Apparentemente,
è vero, tutto sembra piombare nel silenzio della morte che scende sul Golgota e
sulle tre croci innalzate. In questo giorno della Passione che volge al
termine, chi passa per quella via che cosa può capire se non la sconfitta di
Gesù, il crollo di una speranza che aveva rincuorato molti, consolato i poveri,
risollevato gli umiliati, lasciato intravedere ai discepoli che era arrivato il
tempo in cui Dio avrebbe realizzato le promesse annunciate dai profeti. Tutto
ciò sembrava perduto, distrutto, crollato.
Tuttavia, in
mezzo a tanta delusione, ecco che l’evangelista Giovanni ci fa fissare gli
occhi su un dettaglio minuscolo e si sofferma su di esso con solennità. Acqua e
sangue colano dal fianco del Crocifisso. O stupore! La ferita aperta dalla
lancia del soldato lascia passare dell’acqua e del sangue che ci parlano di
vita e di nascita.
Il messaggio
è estremamente discreto, ma tanto eloquente per i cuori che hanno un po’ di
memoria. Dal corpo di Gesù sgorga la sorgente che il profeta ha visto uscire
dal Tempio. La sorgente che cresce e diventa un fiume possente, le cui acque
risanano e fecondano tutto ciò che toccano nel loro passaggio. Gesù un giorno
non aveva definito il suo corpo come il nuovo tempio? E il «sangue
dell’alleanza» accompagna l’acqua. Gesù non aveva parlato della sua carne e del
suo sangue come cibo per la vita eterna?
Preghiera
Signore
Gesù, in questi giorni santi del mistero pasquale rinnova in noi la gioia del
nostro battesimo.
Quando
contempliamo l’acqua e il sangue che colano dal tuo fianco, insegnaci a
riconoscere da quale fonte la nostra vita è generata, da quale amore la tua
Chiesa è edificata, per quale speranza da condividere nel mondo tu ci hai scelti
e ci hai inviati.
Qui è la
fonte di vita che lava tutto l’universo, sgorgando dalla piaga di Cristo. Il
nostro battesimo sia per noi la sola gloria, in un rendimento di grazie pieno
di meraviglia.
Pater noster
L’Agnello, che è stato immolato,
è degno di ricevere potenza e ricchezza,
sapienza e forza,
onore, gloria e benedizione,
nei secoli dei secoli.
è degno di ricevere potenza e ricchezza,
sapienza e forza,
onore, gloria e benedizione,
nei secoli dei secoli.
Tredicesima stazione: Gesù è deposto dalla croce
Dal Vangelo
secondo Luca
[Giuseppe
d’Arimatea] lo depose dalla croce, lo avvolse con un lenzuolo e lo mise in un
sepolcro scavato nella roccia, nel quale nessuno era stato ancora sepolto (23,
53).
Meditazione
Gesti di
premura e di onore per il corpo profanato e umiliato di Gesù. Alcuni uomini e
donne si ritrovano ai piedi della croce. Giuseppe, originario di Arimatea, uomo
«buono e giusto» (Lc 23, 50), che chiede il corpo a Pilato,
riferisce san Luca; Nicodemo, colui che era andato da Gesù di notte, aggiunge
san Giovanni; e alcune donne che, ostinatamente fedeli, osservano.
La
meditazione della Chiesa ha voluto aggiungere ad essi la Vergine Maria, lei
pure così verosimilmente presente a questo momento.
Maria, Madre
di pietà, che riceve tra le sue braccia il corpo nato dalla sua carne e
teneramente, discretamente accompagnato lungo gli anni, come madre sempre si prende
cura di suo figlio.
Ormai, è un
corpo immenso che ella raccoglie, a misura del suo dolore, a misura della nuova
creazione che origina dalla passione d’amore che ha attraversato il cuore del
figlio e della madre.
Nel grande
silenzio che è sceso dopo le urla dei soldati, gli scherni dei passanti e i
rumori della crocifissione, i gesti ora non sono che dolcezza, carezza di
rispetto. Giuseppe cala il corpo che si abbandona tra le sue braccia. Lo
avvolge in un lenzuolo, lo depone all’interno del sepolcro tutto nuovo, che
attende il suo ospite nel giardino proprio accanto.
Gesù è
strappato dalle mani dei suoi uccisori. Ormai, nella morte, si ritrova tra
quelle della tenerezza e della compassione.
La violenza
degli uomini omicidi è rifluita molto lontano. La dolcezza è ritornata nel
luogo del supplizio.
Dolcezza di
Dio e di coloro che gli appartengono, quei cuori miti ai quali Gesù promise un
giorno che avrebbero posseduto la terra. Dolcezza originaria della creazione e
dell’uomo ad immagine di Dio. Dolcezza della fine, quando ogni lacrima sarà
asciugata, quando il lupo abiterà con l’agnello, perché la conoscenza di Dio
avrà raggiunto ogni carne (cfr Is 11, 6. 9).
Canto a
Maria
O Maria, non
piangere più: il tuo figlio, nostro Signore, si è addormentato nella pace. E il
Padre suo, nella gloria, apre le porte della vita!
O Maria,
rallegrati: Gesù risorto ha vinto la morte!
Pater noster
Nella tua pace, Signore, mi corico e mi addormento;
mi risveglio: tu sei il mio sostegno.
mi risveglio: tu sei il mio sostegno.
Quattordicesima stazione: Gesù nel sepolcro e le donne
Dal Vangelo
secondo Luca
Le donne che
erano venute con Gesù dalla Galilea seguivano Giuseppe; esse osservarono il
sepolcro e come era stato posto il corpo di Gesù, poi tornarono indietro e
prepararono aromi e oli profumati. Il giorno di sabato osservarono il riposo
come era prescritto (23, 55-56).
Meditazione
Le donne se
ne sono andate. Colui che avevano accompagnato, camminando tenaci e premurose
sulle strade di Galilea, costui non c’è più. Ad esse egli non lascia per
compagnia, stasera, che la visione impressa in loro del suo sepolcro e del
lenzuolo dove ora riposa. Povero e prezioso ricordo di fervidi giorni svaniti.
Solitudine e silenzio. Del resto, si avvicina shabbat, che invita
Israele a cessare il lavoro, come Dio lo cessò quando la creazione fu
completata, portata a compimento sotto la sua benedizione.
È di un
altro compimento che oggi si tratta; per ora nascosto e impenetrabile. Shabbat in
cui restare oggi immobili, nel raccoglimento del cuore e della memoria velata
di lacrime. Preparando anche i profumi e gli aromi con cui esse renderanno il
loro ultimo omaggio al suo corpo, domani, di buon mattino.
Ma, con quel
gesto, si preparano soltanto a imbalsamare la loro speranza? E se Dio avesse
preparato alla loro sollecitudine una risposta che esse non possono nemmeno
prevedere, immaginare, intuire… La scoperta di una tomba vuota…, l’annuncio che
lui non è più lì, perché ha spezzato le porte della morte…
Preghiera
Signore,
nostro Dio, degnati di vedere e di benedire tutti i gesti delle donne che
onorano in questo mondo la fragilità dei corpi che esse circondano di dolcezza
e di onore.
E noi, che
ti abbiamo accompagnato su questa via dell’amore fino alla fine, degnati di
custodirci, con le donne del Vangelo, nella preghiera e nell’attesa che sappiamo
esaudite dalla risurrezione di Gesù, che la tua Chiesa si accinge a celebrare
nell’esultanza della notte pasquale.
Pater noster
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